lunedì 24 settembre 2007

Welcome to Telefilmville, USA (reloaded)





Pubblicato su Telefilm Magazine n° 31, Luglio 2007, rubrica "Time Tunnel"

Il Time Tunnel di questo mese vi porta in un viaggio nel tempo e nello spazio, un percorso on the road sulle strade blu, quelle che collegano la sconfinata provincia americana. Lasciamo per una volta il Greenwich Village e il Sunset Strip, dimentichiamo i Cosmopolitan e i beach party e avventuriamoci in un viaggio attraverso l'America più vera, così come l'abbiamo conosciuta attraverso 60 anni di telefilm.

La provincia come adolescenza

Iniziamo il nostro itinerario di venerdì, perché questo è un giorno speciale a Dillon, Texas, prima, emblematica tappa del nostro tour. In questa serata si celebra il rituale che tiene unita la comunità: non parliamo della funzione in chiesa, pure sentitissima, ma della partita di football della squadra giovanile, attesa e seguita con religiosa devozione. La serie si intitola, appunto, Friday Night Lights. La cittadina sembra respirare all'unisono: alla radio, a scuola, nei bar e perfino in chiesa si parla solo della partita. E con l'ansia, tutta americana, di vincere. Per non essere dei perdenti. Ma questa “comunione” che rende Dillon speciale non basta a salvarla dal destino che affligge tante province del piccolo schermo. La medaglia della vittoria, infatti, ha due facce: per il paese è motivo d'orgoglio, riscatto da una vita che offre poche altre soddisfazioni; per i giocatori è il biglietto per andarsene e lasciarsi il paese alle spalle. Nella comunità così unita, allora, si intravede una spaccatura, una crepa sottile, appena percettibile, ma destinata ad allargarsi: è quella che divide chi resta da chi parte.

E' il destino di ogni provincia telefilmica, è nel suo DNA: i nostri eroi crescono, mentre il paese sembra farsi sempre più piccolo. Così, con nostro grande rammarico, sono sempre i migliori ad andarsene... i protagonisti. Perché la provincia è, in molte serie, il luogo dell'adolescenza. L'ingresso del protagonista nell'età adulta e la sua piena realizzazione significano l'abbandono della città natale e la fine del telefilm.

In Dawson Creek, il nostro Dawson lascia la tranquilla Capeside per realizzare i suoi sogni da regista a Hollywood. Clark Kent lascia Smallville per Metropolis, o meglio per prendersi cura del mondo intero. In Una mamma per amica, caso raro, il distacco è graduale, così la cittadina e la serie vivono ancora a lungo quando Rory lascia Stars Hollow per Yale. La nostra eroina torna volentieri a casa per un'abbuffata di pizza e un film con l'adorata mamma e, un po' meno volentieri, per la rituale cena del venerdì dai nonni: non è ancora arrivato il momento di andare per la sua strada. Altre volte, per evitare la parola FINE, gli autori scelgono di sostituire i nostri eroi con nuovi “cuccioli” e le cittadine sopravvivono in una straziante agonia: Richie Cunningham lascia Milwaukee per Hollywood e gli spettatori di Happy Days devono sorbirsi le vicende di Joanie e Chachi. C'è poi l'eccezione che conferma la regola. E' Laura Ingalls, cui spetta il premio fedeltà: in dieci anni di durata del telefilm non lascerà mai veramente La casa nella prateria di Walnut Grove... né la sua scuola! Si alza dal banco solo per sedersi in cattedra, passando senza soluzione di continuità da alunna a insegnante.

I valori della provincia

Ma c'è anche chi torna. Magari se n'è andato prima di poter dare il meglio e il paese gli offre una seconda chance. E' il caso del novello figliol prodigo Jake Green: dopo cinque anni di misteriosa assenza, il ribelle primogenito del sindaco torna a Jericho, Kansas, solo per riscuotere un po' di soldi... ma ben presto diventa il più eroico difensore della sua città. Quando le bombe H cancellano dalla mappa le principali metropoli degli States, infatti, Jericho si trova in uno scontro ben più decisivo di quelli che tengono col fiato sospeso Dillon: ora è in gioco la sopravvivenza, la sconfitta equivale alla morte. Di più, con Jericho è in gioco la fiducia nella provincia americana con i suoi valori: riusciranno gli abitanti a sopravvivere non solo al misterioso nemico esterno ma... a loro stessi? Paura e claustrofobia possono rendere sospettosi ed egoisti. Prevarranno i legami che uniscono la comunità o le tensioni che la dividono? A giudicare dal percorso personale di Jake da outsider a eroe, c'è ancora speranza.

Un conflitto analogo è in atto, con forme diverse, a Smallville, paesino rurale del Midwest apparentemente indistinguibile da tutti gli altri, ma che una pioggia di meteoriti da Krypton ha reso diverso da tutti: tra i campi di grano si aggirano, infatti, pericolosi mutanti. Quello che accomuna Clark, giovane alieno piovuto dal cielo, ai vari mutanti pirotecnici e telepatici è il superpotere; ma ciò che li distingue e fa del primo un eroe e degli altri semplicemente i “freak of the week” è la solida educazione familiare. I genitori gli insegnano a mettere al primo posto il bene della comunità, anche a costo del sacrificio di sé. E' perché educato come cittadino modello di Smallville che Clark diventa Superman, e non un supercattivo che mira alla conquista del mondo. La provincia si rivela, ancora una volta, la palestra in cui si fanno le ossa i nostri eroi.

Il lato oscuro della provincia

Se i mutanti vi spaventano e preferite fare inversione di marcia, sappiate che non sono certo quattro campagnoli con i superpoteri il peggio che vi può capitare. I veri mostri indossano eleganti tailleur e divise da ragazze ponpon, guidano Suv e mangiano torte di mele, anzi di ciliege: sono i rispettabili borghesi che vivono nelle villette con prato falciato e siepi fiorite, in sobborghi dai nomi bucolici come Agrestic (Weeds), Wisteria Lane (Desperate Housewives) e Twin Peaks. Ma sotto la glassa dell'apple pie, c'è del marcio. Perché in questi posti nulla è quello che sembra e, come ci ha insegnato Lynch, sono tutti colpevoli, è solo questione di tempo. Sotto un sottile velo di conformismo si celano pettegolezzi, terribili segreti, abusi, vizi e delitti. Il lato oscuro della provincia americana. Nella sigla di Weeds, una canzone retrò intona: “Little boxes on the hillside and they're all just the same. Doctors, lawyers, business executive and they're all just the same”. In superficie sembra di essere ancora agi anni '50, ma sotto si nascondono segreti che farebbero impallidire i Peccatori di Peyton Place. Per mantenere il loro spicchio di normalità, questi professionisti e le loro mogliettine sono disposti alle azioni più abnormi. La casalinga modello, per arrotondare la pensione, spaccia marijuana o trasforma la sua graziosa villetta in casa di appuntamenti; la coppia sterile per avere un bel figlioletto biondo ne uccide la madre e la fa a pezzi; il farmacista morboso e ossessivo elimina il rivale in amore somministrandogli pillole letali; la reginetta della scuola è cocainomane e ninfomane; la famiglia incestuosa; lo psicanalista drogato; la madre assassina; e poi ci sono il figlio illegittimo tenuto nascosto alla famiglia, quello comprato e quello ritardato e tenuto recluso in cantina. C'è del marcio in suburbia. E' il Doris Day Show visto nello specchio deformante del luna park.

La provincia come utopia

Per riprendervi da tanto cinismo, rinfrancatevi lo spirito con una visita alle cittadine modello del New England, località incantevoli in cui il tempo sembra essersi davvero fermato, la vita scorre con i ritmi lenti di un tempo, tutti si conoscono e hanno sempre tempo l'uno per l'altro: Capeside, Cabot Cove, Stars Hollow. Prendiamo quest'ultima: una Twin Peaks prima della cura, un'oasi di bontà, una società utopica così come la avrebbero sognata i Padri Fondatori. Qui ogni edificio è stato toccato da Thomas Jefferson o Abramo Lincoln, l'anno è scandito dalle ricorrenze storiche legate alla Guerra Civile e da pittoresche fiere come il Festival dei Quadri Viventi. Tutti partecipano ai consigli cittadini per prendere parte, tra discussioni e votazioni per alzata di mano, alle decisioni che riguardano la comunità. Non manca qualche battibecco, ma in genere tutti i cittadini vanno d'amore e d'accordo perché tutti, anche il sindaco arrogante, l'antiquaria bigotta e lo strambo del villaggio, sono, in fondo, semplicemente adorabili. Non ci sono neanche quei fastidiosi, quotidiani delitti che infestano la vicina Cabot Cove e danno tanto da fare a Jessica Fletcher, La signora in giallo. In compenso gli abitanti sono affetti da una parlantina fuori dal comune, una loquacità super che porta più d'uno spettatore a chiedersi se anche questa cittadina sia stata colpita da qualche strano tipo di meteoriti radioattive.

Se tutto questo vi sembra noioso e siete pronti ad esplorare luoghi meno frequentati, allora preparatevi a volare fino ai confini della realtà: si va a Cecily, Alaska, a conoscere Un medico tra gli orsi. Un posto unico nel suo genere: anche qui nulla è ciò che sembra ma, per una volta, in positivo. Dimenticate stereotipi e preconcetti: un minuscolo paesino di frontiera abitato da quattro montanari eccentrici si rivela un mondo ricco di umanità... e di inesauribili sorprese. A Cicely potete fare la conoscenza di un vecchio cuoco che vive come un eremita nei boschi, un ex galeotto che parla di musica e poesia alla radio, un'indiana che non parla mai ma la sa lunga. Qui è possibile imbattersi in scoperte e tesori inauditi: l'anello di Fellini, il corpo di Napoleone perfettamente conservato in una lastra di ghiaccio... o un motociclista nero di passaggio che scoprirai essere tuo fratello mentre ammiri con lui l'aurora boreale. Solo qui può succedere che le persone cambino aspetto a seconda dei pregiudizi di chi guarda, il rabbino della tua infanzia abbocchi all'amo mentre sei a pescare trote nel lago, gli spiriti indiani appaiano per guidarti nella tua ricerca. Insomma, Cicely dimostra che la vita, anche la vita di provincia, è più ricca, misteriosa e magica di quello che può apparire allo sguardo frettoloso e prevenuto di un cittadino di New York.

La provincia per eccellenza

Ma se invece non avete tempo per un itinerario così impegnativo e volete comunque scattare qualche foto ricordo della provincia telefilmica, acquistate direttamente un biglietto per Springfield. La cittadina della famiglia Simpson è La Provincia per eccellenza, racchiude in sé tutti i paesini e sobborghi di 60 anni di telefilm, e molto di più. Attraverso le vicende della sua eterogenea popolazione, Springfield ha dipinto un ritratto minuzioso ed efficace della media cittadina americana.

C'è la comunità di credenti che si ritrova la domenica in chiesa come a Glen Oak, con i religiosissimi Flanders che ci ricordano gli insopportabili MacKenzie di Settimo cielo; l'attenzione per i padri fondatori e le rievocazioni storiche in costume, nonché la rivalità con l'odiato paese confinante, come a Stars Hollow; la famiglia di bifolchi del sud in stile Hazzard; bulli, smorfiose, nerd e tutta la fauna scolastica di Capeside; il circolo di casalinghe pettegole e un po' snob come a Wisteria Lane ed Agrestic. C'è il lato oscuro della provincia, come a Twin Peaks e Neptune, la cittadina di Veronica Mars: la dipendenza dall'alcool, i piaceri proibiti ma diffusissimi della Maison Derrière, i cittadini pronti a impugnare i forconi e farsi giustizia da soli; e poi il crimine organizzato, la massoneria, la polizia corrotta, il sindaco donnaiolo e pericolosi delinquenti come Telespalla Bob. Anche qui insomma c'è il marcio sotto le villette a schiera... letteralmente: è la spazzatura che gli abitanti hanno deciso di sotterrare, e rimuovere così dalla lista delle priorità, ma che all'improvviso erutta in tanti pestiferi geyser di rifiuti nei viali della cittadina. Come a Sunnydale, scenario di Buffy l'ammazzavampiri, il soprannaturale con tutta la sua fauna di mostri è parte integrante della vita della vita cittadina, attraverso gli episodi dell'orrore di Halloween; ci sono perfino gli alieni, Kodo e Kang, anche se un po' meno attraenti di quelli di Roswell. Infine, come a Cicely, anche qui può succedere di tutto, le sorprese sono dietro l'angolo la vita può e personaggi può aprirsi alle situazioni più improbabili e surreali, o prese in prestito dai classici del cinema e della letteratura.

Insomma, se volete immortalare in un'unica foto l'essenza di Telefilmville, fate un salto a Springfield... sempre che riusciate a scoprire dov'è.


(Ovviamente questo è un viaggio molto rapido per la provincia americana, poco più che uno sguardo dal finestrino... dell'aereo. Avendo a disposizione più di 10.000 battute si potrebbe scrivere qualcosina in più sul tema, magari riuscendo ad approfondire... ne verrebbero fuori un paio di libri formato Stephen King! Magari in futuro, chissà...)

martedì 18 settembre 2007

2°giorno in India: Bombay Fever



Il mantra del secondo giorno è lo slogan del canale satellitare AXN ricamato sul cappello di Francesco: "Relax. If you can". Perché noi ci proviamo, a rilassarci, ma proprio non riusciamo tra le auto che sfrecciano ovunque, i mendicanti sfigurati, le zanzare, la pioggia, il cellulare rubato da denunciare a polizia e assicurazione. Il relax arriva solo quando ci troviamo davanti a un magnifico piatto di cucina indiana. Cibo che avevo visto solo nei miei sogni più selvaggi, cose che voi umani non potete neanche immaginare. Come i gamberoni in salsa curry. O il mitico Thali, riso a volontà servito su una foglia di banano, accompagnato da una dozzina di ciotoline con diverse salse vegetali, più due o tre tipi di pane: si mischia il tutto, con le mani, si mangia, sempre con le mani cercando di non sporcarsi fino al gomito, si chiede altro riso, altre salse, altro pane fino a che la pancia, gonfia tipo airbag per tutte quelle verdure, non rischia di esplodere in stile Kreosotos.
Poi, mentre portiamo le nostre pance piene in giro per i decadenti palazzi vittoriani di Bombay, visitando l'antica università ci imbattiamo in due studenti indiani molto simpatici, Mike e Ajib. Prima ci offrono un tè, poi si offrono di guidarci in giro per la città. E' la svolta. Con i nostri nuovi amici visitiamo templi, giardini e mercati. Just a perfect day... in Bombay! Sembra incredibile... E' la prima di una lunga lista di sorprese che l'India ci riserverà, spiazzandoci ogni volta che pensiamo di aver capito come vanno le cose.
Con i nostri amici finisce tutto a tarallucci e vino. Che in questo caso significa vongole masala e birra Kingfisher. Mangiamo e beviamo alla grande, ci dividiamo anche un granchio tandoori, e, mentre con le mani unte peschiamo tutti e quattro dal piatto comune, mi rendo conto che i nostri propositi igienici contro amebe e vari germi tropicali sono già stati archiviati il secondo giorno di viaggio. In genere si "sbraca" dopo un paio di settimane, stiamo bruciando le tappe! Ma è vero che sembra passato un mese da quando questa mattina siamo andati a telefonare all'assicurazione sotto la pioggia...

A mezzanotte prendiamo il treno per Goa, appesantiti ma in fondo più leggeri. Stavolta non solo la pancia ma anche il cuore è pieno d'India.








lunedì 10 settembre 2007

1° giorno in India: Bombay Shock



La più grande lavanderia di Bombay... senza lavatrici


Ecco cosa avevo scritto, nel mio quaderno, dopo il 1° giorno in India.

Vai all'aeroporto, entri in un territorio internazionale, viaggi in aereo per ore con passeggeri internazionali, ti servono cucina internazionale. Poi arrivi a destinazione di notte, ti infili in un taxi sotto la pioggia battente, non si vede niente, arrivi nel primo alberghetto decente che trovi, vai a dormire. La mattina dopo ti svegli, esci e... BOOM! sei su un altro pianeta.
Cammini per strada e ti senti come gli astronauti durante l'allunaggio, sfasato, spaesato, gli occhi spalancati sul nuovo mondo. Il fango, il traffico, le mucche, i mendicanti, le zanzare, i truffatori che insistono per pulirti le orecchie, le fiat anni '50, gli autorisciò, cioè apecar gialle che corrono all'impazzata, e su tutto l'odore di pioggia e spezie, e il rumore dei clacson che ti accompagna ovunque.
Niente poteva prepararti veramente a tutto questo, nessuna guida.
Ci facciamo coraggio e percorriamo l'itinerario consigliato. Due turisti occidentali completamente digiuni di storia e cultura indiane. A metà giornata mi chiedo se siamo come quegli americani o giapponesi che visitano Roma in 2 giorni o tutta l'Europa in 10, cogliendo solo la superficie delle cose, guardando i monumenti indicati sulla mappa, il Vittoriano, il Colosseo, il Palazzaccio, senza cogliere l'essenza del posto. Probabilmente sì. Ma, anche così, non è poco. Qui la superficie è abbastanza per sconvolgerti, lasciarti a bocca aperta, farti riflettere.
Francesco riassume questi miei pensieri, dubbi, preoccupazioni in una sola parola che continua a ripetere tutto il giorno, come un mantra: "SHOCK!".

giovedì 6 settembre 2007

Quattro amici, una chitarra e un limoncello

La sposa

Lo sposo... con un geco attaccato

Lo sposo con qualcuno alla sua altezza

La cariatide

Il telamone



E' gradito l'abito indiano


La gita scolastica

Salerno Hills 90210


O' mare


Amalfi


Dalla settimana enigmistica, il 6928357732542° Quesito con la Lucry:
Lucry e il suo ragazzo sono andati in vacanza per 30 giorni nell'India del sud, con la sua natura selvaggia (avvistati 4 tipi di scimmie, 1 orso, 1 serpente, 2 cervi, 100 aquile, 1000 corvi, 3000 zanzare, 5000 bacarozzi), la sua cultura tutta da scoprire (visitati 62 templi, ricevute 62 benedizioni, visti 2 film di Bollywood, stretto la mano a 836 indiani e promesso di inviare una foto a 29), i suoi ottimi ristoranti a buon mercato (bevuti 600 litri di tè, 300 di succo di mango, 100 di latte di cocco, ingurgitati 100 kg di parota, 50 di naan, 1000 di verdure varie e 2000 di riso, con una media di 15000 spezie al giorno). Calcolate il numero di foto scattate e il numero di chili di troppo accumulati. Oppure lasciate perdere tutti questi numeri e trovate gli oggetti mancanti.
In effetti, a voler essere proprio tanto pignoli, e anche un po' ingrati, qualcosa mancava. 3 "oggetti" che abbiamo recuperato grazie a un super weekend improvvisato tra Amalfi e Roma: gli Amici, il Mare, la Pizza. Siamo davvero insaziabili? Si, lo ammetto... ma avevamo una buona scusa.
La nostra amica Elisa che vive in California ha ottenuto la Green Card (ma perché tutti i pezzi di carta di valore negli USA devono essere verdi?) e, non essendo più un'aliena indesiderabile, né un oggetto non identificato in attesa di giudizio, può finalmente uscire e rientrare negli States a suo piacimento, come una persona libera. E' arrivato quindi il momento di festeggiare a Salerno con amici e parenti italiani il suo matrimonio con Sterling, in realtà avvenuto sei mesi fa in un'altra baia, quella di San Francisco. Così, appena tornati, neanche il tempo di disfare le valigie, cioè i nostri zaini ancora "speziati" dal viaggio, ci siamo rimessi in movimento. Sulla costiera amalfitana abbiamo nuotato, chiacchierato, banchettato, siamo andati tutti insieme in gita scolastica a Paestum e abbiamo battuto il nostro record personale mangiando (ottima) pizza per 3 giorni di seguito, pranzo e cena, preferibilmente seguita da sfogliatella, caffè alla nocciola e limoncello.
Poi, invece di tornare subito a Milano, tappa a Roma per la festa-a-sorpresa-di-non-compleanno di mio fratello. Un altro festeggiamento fuori tempo massimo, visto che è nato a luglio. Un'altra provvidenziale scusa per una rimpatriata, alcoolica, tra amici e familiari.
Ecco, ora abbiamo davvero avuto tutto il meglio dall'estate.
E abbiamo anche esaurito le scuse.
A meno che qualcuno non decida di invitarci a banchettare in un altro luogo esotico. Non formalizzatevi con le date, ci sarebbero ancora Ferragosto e San Lorenzo da festeggiare... per non parlare dei non-compleanni... coraggio, non fateci aspettare fino a Natale...
... allora, nessuno???
A questo punto non sappiamo più cosa inventarci: mi sa che è proprio arrivato il momento tanto temuto, quello che abbiamo cercato in tutti i modi di rimandare, Il Momento Di Disfare Lo Zaino. Seguito da quell'altra inevitabile calamità di fine estate, puntuale ogni anno come gli uragani in Florida... La Fine Delle Vacanze.

(Ma non per la sposa che, ormai a piede libero, se ne va da sola all'Oktoberfest. Prosit!)